smeup attraverso il progetto smeup4life sostiene la ricerca biomedica con una donazione all’Istituto Mario Negri, Istituto di Ricerche Farmacologiche senza scopo di lucro. Abbiamo intervistato Marina Morigi, Capo del Laboratorio di Biologia Cellulare e Medicina Rigenerativa nella sede di Bergamo, per approfondire l’attività e gli obiettivi dell’Istituto.
Cosa è l’Istituto Mario Negri?
L’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri è un’organizzazione privata senza scopo di lucro che opera nel campo della ricerca biomedica. Nasce nel 1961 grazie al lascito testamentario di Mario Negri, industriale milanese, che era rimasto affascinato dalla lungimiranza del giovane Silvio Garattini e dal suo innovativo progetto di ricerca a favore della salute dell’uomo. Nel 2018 Silvio Garattini diviene presidente lasciando la direzione dell’Istituto a Giuseppe Remuzzi, già direttore delle sedi di Bergamo. Oggi l’Istituto conta circa 700 ricercatori, di cui il sessanta percento sono donne. Le sue attività sono condotte presso tre sedi, una a Milano (nel moderno complesso del quartiere Bovisa) e due a Bergamo, presso il Parco Scientifico e Tecnologico del Kilometro Rosso e a Ranica, dove ha sede il Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare Aldo e Cele Daccò.
A rendere il Mario Negri unico nel suo ambito è l’impegno a non brevettare le proprie ricerche con l’obiettivo di renderle immediatamente accessibili alla comunità scientifica e ai pazienti.
Chi è e che ruolo ha all’interno dell’Istituto Mario Negri?
Mi chiamo Marina Morigi, mi sono laureata in Scienze Biologiche a Milano nel 1987. Ho conseguito il dottorato di Ricerca Internazionale a Maastricht nel 2005 e da molti anni coordino l’attività di ricerca come Capo del Laboratorio di Biologia Cellulare e Medicina Rigenerativa nella sede di Bergamo.
Marina Morigi, Capo del Laboratorio di Biologia Cellulare e Medicina Rigenerativa nella sede di Bergamo.
Nell’ambito della mia attività di ricerca ho seguito e formato più di 15 studenti post laurea e dottorandi.
Sono autore e coautore di oltre 100 articoli scientifici. Faccio parte dell’associazione “Top Italian Women Scientists”, che comprende le scienziate con pubblicazioni ad alto impatto.
Marina Morigi, Capo del Laboratorio di Biologia Cellulare e Medicina Rigenerativa nella sede di Bergamo.
Di cosa si occupa nel suo quotidiano?
Il mio laboratorio si occupa di identificare nuove strategie terapeutiche basate sulla medicina rigenerativa, con lo scopo di ripristinare la struttura e la funzione dell’organo danneggiato, mediante l’impiego di cellule staminali. Con l’obiettivo di identificare nuove cure per i pazienti, il laboratorio inoltre studia i meccanismi alla base dell’insorgenza e della progressione di diversi tipi di malattie renali, come l’insufficienza renale acuta e cronica e la nefropatia diabetica. A seguito della recente pandemia di COVID-19, il mio gruppo sta studiando i meccanismi alla base della formazione di trombi che causano danno al tessuto vascolare del polmone, osservati in pazienti con forme severe di COVID-19.
Quali sono gli obiettivi dell’Istituto Mario Negri?
L’Istituto Mario Negri è una fondazione indipendente che aiuta la salute dell’uomo attraverso la ricerca, la formazione e l’innovazione.
Al centro di ogni ricerca c’è l’ammalato, e le sue esigenze. Ogni studio prende avvio dall’osservazione dell’ammalato e continua in laboratorio dove, attraverso modelli sperimentali, si cerca una soluzione che possa migliorare la salute del malato. I risultati ottenuti tornano infine, attraverso la pratica clinica, ad essere a disposizione dell’ammalato. All’attività di ricerca, si unisce una forte attività di divulgazione, che si rivolge ai pazienti e al grande pubblico, oltre che ai professionisti sanitari. Così l’Istituto contribuisce a diffondere la cultura scientifica in campo biomedico.
Altra mission fondamentale dell’Istituto è la formazione dei giovani. Sono attivi programmi di formazione specifica rivolti a laureati e diplomati: corsi PhD (Dottorato di ricerca internazionale) e corsi di specializzazione per la formazione professionale di tecnici di laboratorio e di ricercatori laureati, al termine dei quali vengono conferiti attestati di qualificazione professionale e diplomi di dottorato di ricerca in collaborazione con il MIUR. Dal 1963 l’Istituto ha erogato 8.300 borse di studio (delle quali 850 a ricercatori stranieri).
Quali sono le principali ricerche su cui vi state focalizzando?
L’attività di ricerca dell’Istituto è condotta da dieci dipartimenti e si focalizza principalmente su tumori, malattie cardiovascolari, malattie neurodegenerative, malattie renali, trapianto d’organo, salute pubblica e inquinamento ambientale. Presso le sedi di Bergamo, lo studio delle malattie renali, del trapianto d’organo e delle malattie rare sono i principali ambiti di ricerca, che rendono l’Istituto punto di riferimento nazionale e internazionale. Qui la ricerca si focalizza sulla comprensione dei meccanismi di danno che portano alla perdita della funzione del rene nelle malattie renali croniche e a capire come queste progrediscano; l’obiettivo è la messa a punto di strategie che evitino ai pazienti di dover ricorrere alla dialisi o al trapianto.
La pandemia in corso ha spinto i ricercatori dell’Istituto a contribuire alle ricerche sul COVID-19. Numerosi sono i progetti che sono stati attivati. Solo per citarne alcuni, ci sono studi focalizzati sui meccanismi di azione del virus, progetti atti a comprendere se esista una correlazione tra gravità della malattia COVID-19 e fattori genetici, e ricerche volte a determinare quale sia il ruolo degli anticorpi e la loro durata. Uno studio, che ha coinvolto circa 500 persone, è stato recentemente pubblicato sulla rivista scientifica EBioMedicine del gruppo Lancet e ha permesso ai ricercatori di rilevare la reale diffusione del SARS-CoV-2 nell’area bergamasca e di individuare nel test sierologico rapido, “pungidito”, un valido indicatore dell’esposizione al virus.
Perché avete bisogno del sostegno di altre aziende o privati?
Da oltre cinquant’anni l’Istituto Mario Negri basa la sua attività di ricerca sull’indipendenza, scegliendo di non brevettare le proprie scoperte, ma di sostenersi con risorse ottenute in modo autonomo. I fondi derivano da bandi competitivi e da finanziamenti italiani ed europei. Una voce preziosa sono anche le donazioni liberali di privati cittadini, fondazioni e aziende, così come il 5×1000 destinato alla ricerca scientifica.
A rendere concreto e tangibile il sostegno di privati e aziende, vi è l’iniziativa – lanciata già dall’anno scorso ed ampliatasi durante questa pandemia – “Adotta un ricercatore” o “Adotta un progetto di ricerca”.
Come e perché smeup vi ha aiutati per le vostre attività?
Anche smeup ha partecipato all’iniziativa “Adotta un progetto di ricerca”, supportando gli studi sul Covid-19. Grazie alla generosa donazione, sono stati acquistati materiali e reagenti utili ad iniziare un importante studio per comprendere come il virus provochi la formazione di trombi nei polmoni, osservati nelle forme più gravi di malattia, con lo scopo di identificare farmaci che inibiscano la coagulazione e che possano costituire una potenziale terapia in pazienti con malattia molto severa.
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