C’era una volta il reparto.
Ognuno con il suo caporeparto: figura, questa, di congiunzione tra la realtà prettamente produttiva dell’azienda e il personale degli uffici.
Sorvolando sulle mansioni strettamente lavorative, questa persona esercitava una qualche forma di filtro per le informazioni, in modo bidirezionale. Perché se da un lato aveva il compito di mitigare o indirizzare correttamente le informazioni in arrivo dai piani alti, dall’altro aveva anche il “dovere” di smorzare le cattive notizie in senso opposto: guasti, assenze, perdite di resa dovute ai più svariati motivi .
Poi sono arrivati i computer: negli anni abbiamo assistito ad una immensa informatizzazione delle aziende in tutti i loro aspetti, da quelli gestionali a quelli produttivi.
Fino a qualche tempo fa, però, l’utilizzo del computer in reparto era mirato ad ottimizzare lo scambio delle informazioni, che passavano sempre attraverso il filtro di figure come il nostro caporeparto.
Ma veniamo ad oggi e alla nostra amica Industria 4.0. L’industria 4.0, al di la della visione che ognuno si è fatto di questo termine, ha portato una grande novità per le aziende: il collegamento delle macchine. In gergo tecnico, il collegamento di una macchina con il sistema informativo, è detta integrazione.
Questa integrazione ha fatto si che i dati generati dalle macchine di produzione fossero direttamente disponibili sui gestionali o su i sistemi MES utilizzati dall’azienda. Per poter funzionare, questa magia, ha un unico requisito: essere collegati alla rete.Una volta che una macchina è collegata alla rete (LAN) aziendale, chiunque abbia accesso a questa stessa rete, potrà, potenzialmente, visualizzarne i dati in transito.
Ma quali sono i rischi di questa pratica?
Se pensiamo a quanti e quali dati, al giorno d’oggi, una macchina è in grado di generare e scambiare con la rete, ci renderemo subito conto del pericolo. La mole di dati, infatti, è talmente grande e dettagliata che non descrive più soltanto cosa facciamo ma, ancora più importante, descrive il modo in cui lo facciamo. Questo “modo”, molto spesso, è portatore del nostro know-how. Una grossa parte di ciò che ci rende competitivi sul mercato, viaggia oggi sui cavi di rete che collegano le nostre macchine di produzione ai sistemi gestionali.Chiunque li intercettasse, quindi, avrebbe accesso ad una enorme fetta di sapere aziendale, magari accumulata con anni di sacrifici.
Ma non finisce qui. Se pensiamo ai requisiti per l’ottenimento delle agevolazioni fiscali, in ottica Industria 4.0, salta subito all’occhio una parolina magica: “bidirezionalità”. Questo vuol dire che i dati non viaggiano solo dalla macchina verso i nostri software, ma anche che i nostri software hanno la capacità di impostare le nostre macchine.Detto questo, credo sia piuttosto facile capire quali potrebbero essere le minacce e i pericoli degli attacchi informatici ad un reparto produttivo “4.0”. Potremmo incorrere, infatti, dalla “semplice” sottrazione di informazioni descrittive dei nostri processi, fino ad arrivare a veri e propri sabotaggi dei setup dei nostri impianti produttivi.Tutto questo potrebbe tradursi in perdite economiche, stalli produttivi ed arrivare perfino alla compromissione della sicurezza dei nostri operatori. Per questo è diventato ormai fondamentale adottare dei sistemi precauzionali per proteggere i dati della propria azienda ed abbracciare lo sviluppo tecnologico lavorando in tutta sicurezza.
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