Con la necessità del distanziamento sociale, lo smart working ha preso piede in maniera preponderante anche all’interno delle aziende italiane. Per molte di queste, il lavoro agile è stato una vera è propria ancora di salvezza che ha consentito di mantenere una continuità operativa se non totale almeno parziale.
La necessità di non chiudere ha quindi spinto moltissime realtà imprenditoriali italiane a superare tutte le diffidenze che fino a marzo riponevano nei confronti del lavoro da remoto. Ma ora che le attività stanno riaprendo, quale sarà l’ evoluzione dello smart working? Ci sarà una brusca interruzione o continueremo ad utilizzare questa nuova modalità?

Lo smart working non è nato oggi

Di smart working, in realtà, si è iniziato a parlare già a partire diversi decenni. Antenato del lavoro agile era il telelavoro, inteso come il trasferimento delle attività lavorative dall’ufficio all’abitazione, regolamentato in italia con un’apposita legge del 1973. Di smart working vero è proprio si inizia a parlare invece già negli anni ‘90. Prova ne sono anche diverse pubblicazioni in merito, come ad esempio il libro, pubblicato nel 1995,  “Gli uffici non esistono più” di Erik Veldhoen, il portavoce della cultura dello smart working in Olanda. Oggi Veldhoen sottolinea che per molte aziende manca un approccio strutturato al lavoro agile, motivo per cui alcune imprese non trovano totalmente funzionale lo smart working. 

Molte imprese in effetti, un po’ anche a causa della frenesia dell’attivazione del lavoro agile causata dalla necessità di non fermarsi, hanno trasferito presso le abitazioni lo stesso modo di lavorare che veniva applicato in ufficio. Lo smart working si basa però su una concezione diversa del lavoro, che si svolge secondo altri schemi come la responsabilizzazione delle risorse è una maggiore autonomia nella scelta delle modalità più adatte per svolgere le attività necessarie per raggiungere gli obiettivi, compreso appunto il luogo di lavoro. 

Abbiamo capito che si può fare 

Nonostante ciò, in questi mesi di sperimentazione a pieno regime dello smart working abbiamo capito che, al contrario delle diffidenze, è una modalità lavorativa che funziona. Anzi, per certi aspetti funziona anche meglio. 

Lo smart working è infatti una modalità lavorativa che consente alle persone di restare sempre in contatto anche a distanza è di collaborare di più. Sì, perché contrariamente a quanto si pensi, con il lavoro agile le risorse sono più propense a collaborare, soprattutto con colleghi fisicamente lontani, per cui in ufficio era difficile organizzare un incontro. In questo senso, il lavoro agile consente di accorciare le distanze. Grazie allo smart working i lavoratori sono in grado anche di gestire è conciliare meglio la propria vita lavorativa con quella privata, migliorando la gestione del tempo è anche la propria produttività lavorativa. 

L’ evoluzione dello smart working per il futuro 

L’ evoluzione dello smart working ha subito, in questo periodo, una fortissima accelerazione, facendo fare alla cultura lavorativa un salto in avanti di diversi anni. Ha persino accomunato diverse generazioni, i nativi digitali con i fermi sostenitori del “face to face”. 

Ma cosa ne sarà del futuro?Quando potremo rientrare in ufficio abbandoneremo lo smart working? È’ improbabile. Questo perchè già in molti, sia lavoratori che manager, hanno potuto apprezzare in questo periodo i grandi vantaggi in termini di efficienza, produttività, organizzazione del tempo che il lavoro agile offre. Certo, ci sono ancora molti aspetti da affinare. È qui la chiave dell’evoluzione dello smart working: le aziende, ora che hanno visto che lo smart working può funzionare, dovranno credere nell’importanza del lavoro agile è puntare sulle sue potenzialità ma anche su una risorsa preziosissima che lo smart working valorizza, ovvero le persone.

 

Published On: Giugno 23rd, 2020 / Categories: News da smeup / Tags: , , , /

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