Se dovessi dare un voto (da uno a dieci) all’importanza dei temi legati all’oggetto articolo nel sistema informativo di un’azienda commerciale o di produzione, le darei almeno dodici.
Vediamo di cosa stiamo parlando: non è così semplice come può sembrare a prima vista (come tutto, del resto).
Iniziamo con i clienti. Capire che cosa sia un cliente è facilissimo: la “Premiata Azienda Rossi e C.”, in sostanza una partita iva. Possiamo aggiungere un’infinità di informazioni (le sue sedi, i fido, il responsabile dell’ufficio acquisti, le condizioni di pagamento e le modalità di spedizione, ecc.), ma il cliente rimane sempre un’entità ben precisa.
Entriamo ora in officina, Ci sono quattro presse: ognuna è una macchina, che possiamo affogare di attributi (caratteristiche fisiche e tecniche, istruzioni operative e di manutenzione, la storia dei suoi problemi), ma la sua identità non è mai in discussione.
Nelle aziende, oltre a questi oggetti la cui individuazione è indubitabile, abbiamo a che fare con gli oggetti fisici che acquistiamo, utilizziamo, trasformiamo e vendiamo: gli articoli. Di loro, al contrario, non ci passa per la mente di codificare ogni esemplare (ogni singola vite), né in certi casi, sarebbe possibile farlo (per gli oggetti con unità di misura diversa dal numero che cosa dovremmo codificare: ogni litro di vernice?).
Dobbiamo quindi limitarci a codificare le specie, come nella zoologia e nella botanica, senza scendere ai singoli esemplari (le begonie alpine, non quella che abbiamo nel vaso). Se, come può accadere, avremo la necessità di individuare proprio “quella begonia alpina”, dovremo far ricorso ad un ulteriore oggetto, la matricola, come vedremo più avanti.
Affidandomi alla grammatica che mi hanno insegnato alle scuole elementari (e che spero continuino ad insegnare), i singoli clienti e le singole presse sono nomi propri, i singoli articoli sono invece nomi comuni.
Facciamo un passo avanti: dobbiamo decidere come individuare ogni singola specie.
Ho qui, sulla scrivania, davanti a me, otto evidenziatori, della stessa marca ma di colore diverso. Ne prendo in mano uno: che articolo è? Verrebbe naturale rispondere che è un articolo “Evidenziatore marca XYZ colore azzurro”. Ciò vuol dire che ho fatto la scelta di assumere, come caratteristiche distintive dell’oggetto, che è un evidenziatore, che ha una marca e un colore. La classificazione è frutto di una decisione arbitraria: il valore di alcuni attributi. In questo modo, prendendo in mano un oggetto, abbiamo un criterio per stabilire quale articolo sia: dobbiamo trovare un articolo che abbia gli stessi attributi dell’oggetto fisico. Naturalmente ogni articolo deve avere un insieme di attributi specifico, per non incorrere in ambiguità: un oggetto non può essere due articoli diversi.
Badate bene: avrei potuto fare scelte diverse, ad esempio disinteressarmi del colore, e definire l’articolo un “Evidenziatore della marca XYZ”, oppure, al contrario, disinteressarmi della marca e considerare solo il colore, nel qual caso l’articolo sarebbe un “Evidenziatore azzurro”. Oppure (e qui mi fermo), trascurare sia la marca sia il colore, e codificare un unico articolo “Evidenziatore”. L’informazione del colore o quella della marca, oppure entrambe, se le riterremo necessarie, le potremo inserire nella configurazione, come vedremo più avanti.
Possiamo quindi sbilanciarci e dare questa definizione operativa di articolo: l’articolo è il valore di un attributo che diamo a un oggetto fisico, in base ad un insieme di attributi, ciascuno con un valore prefissato, riscontrabili nell’oggetto fisico stesso.
Proseguiamo. Nella nostra azienda siamo sommersi di cose: quali devono essere classificate come articoli? Di sicuro quelle che fanno parte del nostro ciclo produttivo o commerciale.
Ma tutto il resto: le matite, i detersivi e la carta igienica? Dobbiamo, per ciascuno, valutare se il gioco vale la candela:
- ci interessa sapere quanti ne abbiamo in casa (ed eventualmente dove sono)?
- li acquistiamo in modo strutturato (magari appoggiandoci a un contratto o a un listino)?
- vogliamo tener conto del loro consumo per programmare i riordini?
- e tutte le altre richieste che ci verranno in mente subito dopo aver preso una decisione definitiva (che quindi sarà sbagliata).
C’è sempre qualcos’altro da decidere: la realtà non si offre mai bell’e pronta per essere trasferita nei nostri computer con un colpo di bacchetta magica; dobbiamo valutare i pro e i contro dei modelli che ci apprestiamo a descrivere: quanto che ci offrono in termini di informazione e quanto che ci costano in termini di carico di lavoro. E le bilance per pesarli non sono facilissime da tarare.
A questo punto, dopo aver deciso tutto ciò che per noi è un articolo, dobbiamo decidere come chiamarlo, vale a dire come assegnargli il codice.
I due estremi sono:
- Un codice parlante (stile codice fiscale: i primi tre caratteri con le consonanti del cognome, poi altri tre con quelle del nome, poi l’anno e il mese di nascita, ecc. ecc.), con tanta informazione stipata in una povera stringa di caratteri. In certi casi si può arrivare (come nel tessile) a codici di lunghezza mostruosa (fino a una quarantina di caratteri). In questi casi è essenziale predisporre una struttura solida di codifica, dato che il codice dell’articolo si sparpaglia negli archivi (ordini, movimenti, statistiche), e quindi, se ci si accorge di un errore di codifica, è impensabile correggerlo (a meno di casi di estrema necessità), vanificando, in tal modo, lo sforzo semantico che abbiamo compiuto. Vedremo più oltre che cosa ci può venire in aiuto.
- Un codice progressivo, neutro con informazione nulla, frequentemente numerico (1324452, 989003). Tutto molto chiaro, o quasi.
Tra questi due estremi si può scegliere una situazione intermedia (che personalmente mi pare la più sensata), suddividere il codice in due porzioni: la prima significativa di cos’è l’articolo, la seconda con un progressivo, una codifica non dissimile dalle antiche targhe con la sigla della provincia seguita da un numero.
Ad esempio:
- VIT0032 Una vite
- MRD0047 Un motoriduttore
In questo modo so subito, in generale, di che cosa sto parlando senza investire il codice di eccessiva informazione.
Oltre al codice (e alla descrizione), l’articolo viene vestito con una serie di attributi.
Li distinguiamo in attributi comuni e specifici.
I primi sono comuni a tutti: il più importante è il suo tipo (il tipo articolo, nella nostra nomenclatura), che costituisce un raggruppamento a livello immediatamente superiore all’articolo: nel caso delle begonie alpine (la specie) il tipo è costituito dalla begonia (il genere). Con Wikipedia si può sempre fare bella figura.
Altri attributi comuni sono una serie di classificazioni (trasversali al tipo) che permettono di raggruppare l’articolo secondo il comportamento che dovrà assumere nelle varie applicazioni.
Ne cito qualcheduna:
- la classe contabile (che stabilisce in che conti di contabilità verranno registrate le fatture di acquisto e di vendita)
- la classe fiscale (che stabilisce se e come verrà trattata la giacenza nelle valorizzazioni di magazzino)
- la classe funzionale (che stabilisce i controlli di qualità a cui verrà sottoposto l’articolo)
Vi è poi una serie di informazioni, specifiche per gli articoli di ciascun tipo (per le viti, ad esempio, la lunghezza e il passo, per le scatole le tre dimensioni). Questa specializzazione è di importanza vitale, in quanto permette di popolare l’articolo in modo eterogeneo, e costituisce la base di ogni verticalizzazione (perdonatemi il gioco di parole). I diversi mercati (elettrico, della gomma, del mobile, ecc.) hanno infatti estrema necessità di vestire i propri articoli in modo diverso.
Ora che abbiamo capito come definire un articolo, come chiamarlo e come imbottirlo di informazioni, non ci resta che mettere a terra tutte queste belle intenzioni.
Prendiamoci un attimo di riposo e ci rivediamo alla prossima puntata, come in ogni telenovela che si rispetti.
Per approfondire la seconda parte dell’articolo clicca qui: Gli articoli: siamo sicuri di conoscerli davvero?
Guido Galdini
Specialista Sme.UP ERP – smeup
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