Riassunto della puntata precedente
Abbiamo capito tutto quello che ci serve per trattare gli articoli (il suo codice e i suoi attributi), ci rimane solo di decidere come farlo. Se ti sei perso la prima parte dell’articolo leggi qui: L’Articolo in un sistema informativo: ne conosci l’importanza? – parte 1
La gestione di un articolo parrebbe la cosa più semplice del mondo: proponiamo una schermata dove chiediamo che cosa si vuole fare (un inserimento o una variazione), facciamo immettere il codice (controllando che sia nuovo in inserimento ed esistente in variazione), presentiamo un’altra schermata con una sbrodolata di campi da immettere, di cui controlliamo l’esattezza, ed eventualmente l’obbligatorietà, e su cui possiamo eseguire altri test (del tipo: se il campo CAMPO1 vale “A” il CAMPO2 deve valere “PIPPO” o “PLUTO”).
Ma pensate che potevamo lasciarci scappare un’occasione così ghiotta per complicare le cose?
In realtà non siamo stati i primi.
Già negli anni settanta del novecento si è ricorsi ad un configuratore per costruire le caratteristiche di un oggetto, nello specifico dei minicomputer della serie VAX, prodotti dalla Digital Equipment, una ditta pionieristica nel settore informatico.
Per configuratore intendiamo un insieme di domande poste man mano all’utente, le cui risposte hanno due scopi (che non si escludono a vicenda):
- sono delle caratteristiche finali
- servono per far scattare un altro insieme di domande
Nel processo di nascita di un articolo, come prima cosa è naturale chiedere il suo tipo: cosa vogliamo codificare, una vite o un motoriduttore?
La risposta, oltre ad essere una caratteristica finale, scatenerà una serie di altre domande: si genererà un albero inizialmente imprevedibile, in base alle risposte fornite alle domande precedenti.
Tra l’altro, alcune risposte potranno contribuire, con regole opportune, alla costruzione del codice (nel nostro caso dell’articolo): in base al cognome e al nome viene generata una porzione del codice fiscale. Questo è il modo robusto che vi avevo preannunciato per produrre un codice parlante.
Le caratteristiche finali che man mano raccogliamo andranno a popolare gli attributi dell’articolo: quando si presenterà la videata di gestione sarà riempita con informazioni (presumibilmente) sensate.
Se proprio vogliamo esagerare, potremo costruire anche la descrizione dell’articolo in modo automatico, ad esempio riservando porzioni diverse a caratteristiche diverse.
Come ultimo argomento accenno ad alcune caratteristiche che, accoppiate al codice dell’articolo permettono di restringere le “specie” che abbiamo definito, e, in un caso, addirittura a fissarne un solo esemplare.
Gli oggetti che operano un filtro per specializzare un articolo sono tre: la configurazione, l’esponente di modifica e il lotto.
La configurazione è un insieme di caratteristiche per ridurre quelle che individuano un articolo, in modo da permetterci di operare a due livelli: le caratteristiche dell’articolo identificano un insieme più ampio, quelle dell’articolo più la configurazione un insieme più ridotto, diminuendo in tal modo il numero degli articoli da trattare.
Bisogna perciò, dopo aver stabilito l’insieme delle caratteristiche che ci interessa distinguere, dividerle tra quelle da assegnare all’articolo e quelle alla configurazione.
Facciamo un esempio tratto dall’ambiente dei mobilifici (so che farò contento un mio collega affezionato a questo settore).
Abbiamo una sedia. Supponiamo che gli attributi che vogliamo tenere distinti siano tre: il modello, il tipo di legname (l’essenza) e il colore. Ragionevolmente il modello è un attributo che deve far parte dell’articolo. Si possono verificare queste combinazioni:
Attributi dell’articolo
Modello – essenza – colore
Modello
Modello – colore
Modello – essenza
Attributi della configurazione
nessuno
essenza – colore
essenza
colore
La scelta dipende da vari fattori: dall’importanza degli attributi (se il modello più l’essenza formano un’unità significativa), dalla numerosità dei valori degli attributi (se ci sono 5 essenze e 5 colori, ci sono al massimo 25 configurazioni: in presenza di 10 modelli si può passare da un minimo di 10 a un massimo di 250 articoli). A voi la verifica dei calcoli.
Tornando all’esempio dei pennarelli, avevo accennato alla possibilità di riservare il colore o la marca alla configurazione. Ora mi auguro che sia chiaro il modo di farlo.
L’esponente di modifica (o indice di revisione, o engineering change), è un codice progressivo
Ne nasce uno nuovo quando, durante la vita di un articolo, si introducono variazioni nel processo o nel prodotto (si modificano alcuni aspetti del modo di produzione o si sostituiscono alcuni materiali) senza che la sua funzionalità ne risulti modificata (il nuovo oggetto rimanga intercambiabile con il precedente). La caratteristica principale dell’esponente di modifica è la data in cui entra in funzione. In un prossimo post tratteremo della distinta base (i materiali che compongono l’articolo) e del ciclo di produzione (le operazioni da eseguire per ottenerlo). Entrambi possono valere entro due limiti di data (inferiore e superiore). In questo modo l’esponente di modifica, tramite la sua data, si traduce in un modo diverso di ottenere lo stesso articolo.
Il lotto, infine, identifica la quantità di articolo prodotta contestualmente. I suoi principali attributi sono una serie di caratteristiche comuni (frutto di analisi chimiche, meccaniche, dimensionali, e di controlli di qualità), le modalità di produzione, tra cui i lotti dei componenti utilizzati, realizzando una filiera per percorrerne la tracciabilità; ad esempio, se a posteriori si riscontra che il difetto di un lotto è dovuto al lotto di un componente, si può risale a tutti i lotti degli assiemi che lo hanno utilizzato. Un ulteriore utilizzo del lotto (prevalentemente nell’industria di processo) è l’assegnazione, all’atto della sua produzione, della data massima entro cui dovrà essere utilizzato. Questa informazione permette di consumare, alla bisogna, i lotti con scadenza più prossima.
La matricola, invece, serve per individuare “quell’esemplare” di articolo: farlo diventare, da un nome comune, un nome proprio. È riservata ad oggetti di una certa dimensione e complessità (un cambio, un motore, un compressore). Tramite la matricola su può attivare una tracciabilità più stringente rispetto a quella per lotto: ho comperato dal fornitore XYZ il motore M001 di matricola M00147, che nel mio sistema reimmatricolo come XYZ-M00147 (per evitare omonimie tra matricole di due fornitori diversi), e che monto sul mio gommone MGT_T01 di matricola I0049. Quando il cliente che ha comperato questa matricola mi telefona, perché si è fuso il motore dopo quattro giorni che si sta divertendo su e giù per il lago, so immediatamente chi dovrò maltrattare.
Anche per questo post, per chi vuole saperne di più (sulla costruzione del codice e sul popolamento dei dati, sulle varie modalità di configurazione, sull’utilizzo di lotti, matricole, esponenti di modifica, ecc.) rimando alla la lettura del mio libro “La ricchezza degli oggetti – Parte seconda: le applicazioni per la produzione”, in uscita nei primi mesi del 2018 presso l’editore Franco Angeli.
Guido Galdini
Specialista Sme.UP ERP – smeup
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