Cosa ci ha insegnato il lavoro agile rispetto alle nostre abitudini lavorative di prima? Lo abbiamo chiesto ad Omar Bortoletti, Sales Account del Gruppo Sme.UP, che ci ha raccontato quali sono stati per lui insegnamenti dello smart working.
Com’è stato lavorare in smart working?
Lo smart working mi ha cambiato la vita, nel senso che prima sapevo che esisteva questa modalità lavorativa, ma non le davo molto peso perché non la consideravo uno strumento efficace. Invece non mi ero accorto della potenzialità di questo strumento. È stato un po’ come l’uovo di Colombo: una cosa a cui nessuno pensa, ma quando viene scoperta tutti lo apprezzano. Quindi questo per me è stato il periodo della scoperta dello smart working.
Secondo te siamo riusciti a fornire adeguato supporto ai clienti in questo periodo?
Con i clienti non ci sono stati grandi problemi. Sia commercialmente che da un punto di vista di implementazione non abbiamo avuto particolari difficoltà, quindi: analisi, demo, assistenza e partenza di progetti, a parte un primo momento di incertezza in cui ci siamo chiesti se saremmo riusciti a lavorare bene. Abbiamo ad esempio firmato un contratto con un nuovo cliente e il progetto è partito bene e senza nessuna difficoltà dal punto di vista di partenza ed implementazione del progetto. Abbiamo lavorato bene anche dal punto di vista delle demo. Un esempio concreto è quello di una demo che abbiamo svolto recentemente, dove erano presenti i nostri tecnici di Modena, due consulenti di Roma, due di Milano, sei persone del Cliente dalla Toscana, io da Brescia. Ci siamo ritrovati tutti collegati in videoconferenza e abbiamo lavorato alla demo in maniera del tutto normale, anzi il clima forse era anche più rilassato perché ognuno era collegato dalla propria abitazione. Forse, anzi, la demo è stata eseguita addirittura meglio rispetto alla modalità classica di persona, perché avremmo perso una giornata intera per realizzare un incontro di questo tipo. Per riunire così tante persone provenienti da città diverse, infatti, al di là dei costi, ci sarebbe stato per tutti lo stress del viaggio, che in questo frangente invece è stato risparmiato, e la probabilità di tutti gli inconvenienti legati alla trasferta.
In generale infatti il risparmio di tempo e costi dovuto alla riduzione delle trasferte, riduce anche lo stress. Le risorse mentali delle persone che non devono spendere tempo in coda per strada, o nel traffico, sono interamente dedicate all’attività che deve essere svolta, a totale beneficio della produttività.
Diverso è il concetto della prima visita presso un potenziale nuovo cliente: in questo contesto è già più difficile realizzare un primo incontro efficace in smart working, perché la telefonata non può eguagliare il contatto de visu, per un motivo di carattere empatico. La prima visita, a mio avviso, non è efficace allo stesso modo se fatta in smart working.
Pregi e difetti dello smart working?
Trovo lo smart working una modalità appunto molto efficiente, che permette di risparmiare tempo, stress, costi inutili, a favore dell’efficienza e della produttività.
C’è però un difetto che è emerso in questo periodo: siamo sempre connessi, a volte a oltranza, anche nel weekend. Da un lato questo aspetto durante il lockdown è stata anche un’ancora di salvezza, perché ad esempio non potendo uscire e non avendo particolari attività da svolgere in casa, o anche ad esempio per le persone che abitano da sole, il lavoro è stato un modo per mantenersi attivi.
Cosa abbiamo imparato dallo smart working?
Sicuramente abbiamo imparato ad essere più efficienti e più produttivi. Ma dobbiamo acquisire nuovi ritmi lavorativi. Questo anche per quanto riguarda i momenti conviviali tra colleghi: mentre prima ci si trovava alla macchinetta del caffè con i colleghi, anche di altre aree aziendali, riuscendo in questo modo ad avere degli scambi e dei confronti, questo ovviamente in questo periodo è venuto a mancare, anche se anche in questo caso siamo riusciti a riorganizzarci attraverso un appuntamento settimanale tra colleghi che abbiamo istituito per riunirci tutti in videochiamata per un caffè virtuale. Da questo punto di vista lo smart working ci ha consentito di accorciare le distanze perché attraverso le conference call riusciamo a riunirci con i colleghi di tutte le sedi che abbiamo dislocate nel Nord e Centro Italia, cosa che di persona raramente riuscivamo a fare. La necessità di incontrarsi fisicamente, però resta, anche se appunto possiamo riorganizzare questi momenti in un’ottica diversa, come abbiamo imparato a fare in smart working.
Possiamo dire che lo smart working è un bel vestito, ma non adatto a tutte le occasioni: dobbiamo adottarlo con una giusta misura. Sicuramente è una modalità estremamente utile e come tutte le cose va calibrato e preso nel modo giusto.
Come immagini la vita lavorativa futura?
Secondo me non torneremo indietro. Abbiamo trovato uno strumento nuovo, di cui non potremo più fare a meno: è una modalità utile, che ci permette di lavorare di più, meglio. Dovremo soltanto pensare a calibrare ed affinare questa nuova modalità. Sicuramente non torneremo 5 giorni su 7 in ufficio, ma ritengo che non dovremmo nemmeno lavorare 5 giorni su 7 da remoto: abbiamo ancora bisogno del contatto personale, anche perché l’azienda è composta da diverse aree che devono dialogare tra di loro ed il linguaggio non verbale non è percepibile via Smart Working. Dovremo quindi essere capaci di trovare un giusto equilibrio per lavorare in maniera ancora migliore .
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